Si ha un patto successorio, nullo ex art. 458 c.c., se si “dispone della propria successione”, si “dispone dei diritti che possano spettare su una successione non ancora aperta”, si “rinunzia ai medesimi diritti”.
Se fossero validi gli accordi di cui sopra, non sarebbe consentito un ripensamento, e invece il testamento è sempre revocabile (art. 679 c.c.), fino all’ultimo attimo di vita.
Sono irrilevanti le semplici intenzioni espresse in vita (es. lascerò tutti i miei averi a mio nipote Giulio), altrimenti un bel po’ di testamenti sarebbero nulli.
L’importante però è che nel successivo atto di ultima volontà non solo non si dica che si è obbligati a disporre dei propri beni in una certa maniera per la preesistenza di un precedente accordo con terzi, ma anche che ciò effettivamente non sia vero.
Altrimenti la disposizione testamentaria sarebbe nulla ai sensi dell’art. 626 c.c., se fosse dimostrato che il solo motivo illecito che ha convinto il testatore a lasciare i propri beni in un certo modo è stata la convinzione di doversi uniformare agli impegni presi con un precedente accordo nullo.
I problemi però sono anche altri, perché cosa succede se ad esempio Tizio ha ricevuto un corrispettivo da Caio per obbligarsi a lasciargli i beni al momento della sua morte?
L’erede di Tizio potrebbe agire in giudizio per far dichiarare nullo il testamento viziato dal patto successorio, ma i soldi andrebbero restituiti a chi li aveva dati, e alla restituzione potrebbe essere tenuto l’erede legittimo, che ha fatto annullare il testamento invalido.
Se fosse una disposizione di valore relativamente basso (ad esempio l’attribuzione di un singolo bene, in presenza di molti altri beni), l’erede potrebbe decidere di dare esecuzione ugualmente alla disposizione testamentaria nulla, ai sensi dell’art. 590 c.c., e ciò non solo per evitare di dover restituire quanto percepito dal suo dante causa, ma anche per onorarne la sua volontà, visto che sebbene in maniera giuridicamente non corretta, il defunto aveva volontariamente concordato la dazione di una somma, che aveva ricevuto.
Non si può escludere che il defunto aveva, ad esempio, utilizzato l’importo ricevuto per superare una crisi di liquidità, e trovarsi più ricco di prima, alla sua morte.
E’ opportuno svolgere tutta un’opera di interpretazione delle disposizioni testamentarie, anche se apparentemente indotte da un motivo illecito come quello di un apparente patto successorio, perché le vicende della vita sono infinite, e a un’analisi più attenta di un accordo successorio potrebbe anche assumere aspetti diversi da un patto nullo.
Non si dimentichi che lo stesso legislatore, con l’art. 768 bis c.c., ha previsto la possibilità di lasciare con un contratto l’azienda e/o le proprie partecipazioni societarie solo ad alcuni dei propri discendenti, per favorire la continuità aziendale (ovviamente, con una serie di precise garanzie).